giovedì 5 ottobre 2017

Renegades - Commando d'assalto


Recensione

di Andrea Fornasiero

mercoledì 4 ottobre 2017

In Bosnia, durante la guerra in Ex-Jugoslavia, nei pressi di Sarajevo, un gruppo di Navy Seal compie azioni speciali, come catturare generali che si sono macchiati di crimini di guerra. Le loro numerose doti sembrano però sprecate in una missione di pace e si sentono con le mani legate... finché non si imbattono in una vera sfida! Una cameriera del posto racconta a uno di loro, con cui ha una relazione, di una gran quantità di lingotti d'oro che sarebbe rimasta sommersa in una banca, nel bel mezzo di una cittadina sul fondo di un lago. L'oro, di origine francese, era stato rubato dai nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale ma i partigiani di Tito, pur di impedire che i tedeschi lo prendessero, allagarono l'intera cittadina.

I Seal accettano di recuperarlo, sia per arricchirsi, sia per lasciarne gran parte alla donna, che promette di usarlo nella ricostruzione post-bellica. Militari filantropi, cameriere dal cuore d'oro, un generale burbero eppure paterno e nemici sadici e spietati: questi gli ingredienti di Renegades - Commando d'assalto.

Il film ha però il suo punto di forza nelle grandi scene subacquee, con la ricostruzione di diversi edifici e una rapina ricca di difficoltà da superare con l'ingegno. Trattandosi principalmente di un "heist-movie" ai protagonisti, che pur sono eroi d'azione, è così richiesto di usare più la testa dei muscoli. Tanto che dovranno agire per gran parte del film in un ambiente sommerso, dove le loro armi sono inutili e i loro veri nemici sono il tempo e una robusta cassaforte. Dopo un breve prologo e un inizio assolutamente action e spettacolare, con tanto di fuga in carro armato per Sarajevo - Renegades pone i suoi eroi di fronte a problemi che richiedono grandi dosi di ingegno (per quanto non manchino le occasionali scazzottate) e dove i Navy Seal possano sfoggiare tutta la propria gamma di competenze, a partire dall'addestramento subacqueo. Questo cambio di tono da una parte ne fa un film sicuramente originale e dall'altro rende meno problematica la scelta di una violenza depurata dal sangue, assente anche quando ci si accoltella o si salta in aria, come fossimo tornati ai tempi dell'A-Team. Del resto anche gli uomini di Hannibal davano il meglio di sé proprio nell'ingegno.

I cinque protagonisti non brillano per le doti recitative, ma sono sufficientemente diversi come carattere e specificità da rimanere riconoscibili. Si va dal fumantino esperto in esplosivi, al gigante nero geniale, passando per il giovane innamorato e il soldato che la prende con spirito d'avventura.

A guidarli è un tormentato leader interpretato da Sullivan Stapleton, veterano di parti da uomo d'azione in Tv nella serie militare Strike Back e agente dell'FBI in Blindspot, inoltre al cinema generale spartano in 300 - L'alba di un impero. J.K. Simmons è un ufficiale che ama far sentire la propria voce, in una sorta di versione bonaria dei ruoli autoritari per cui è più famoso, da J. Jonah Jameson nei film di Spider-Man di Raimi fino a Whiplash di Damien Chazelle. Sylvia Hoeks è una donna caparbia ma molto umana, diversissima dall'algida ed elegante figura che incarna in Blade Runner 2049. C'è poi una piccola parte anche per Ewen Bremner, lo Spud di Trainspotting, che come in Wonder Woman veste panni militari ma sempre comici, qui nelle vesti di un loquace elicotterista.
Alla regia Steven Quale, cresciuto sotto l'ala di James Cameron, può mettere alla prova tutto il buon mestiere che ha imparato dal maestro delle riprese subacquee e del resto la sceneggiatura è firmata da Luc Besson, che a sua volta ha un amore per il cinema acquatico fin da Le grand bleu del 1988. Ha scritto il film insieme a lui Richard Wenk, specializzato nel filone militare e in storie di compagni d'armi, da I mercernari 2 fino al remake di I magnifici 7. I dialoghi sono però un punto davvero debolissimo del film, con battute che cercano di essere ironiche ma rimangono spesso sbruffonate da macho. Allo stesso modo il ritratto dell'esercito che ne viene fuori è senza ombre, con uomini buonissimi e bravissimi e ufficiali magari eccentrici ma non meno generosi, che hanno come unico limite la burocrazia. Cosa che impedisce loro di eliminare i cattivi e risolvere tutti i problemi, con manicheismo e semplificazioni irresponsabili, oltretutto applicate a una storia estremamente complessa e controversa come quella dell'Ex-Jugoslavia. Cosa ancora più grave: la sceneggiatura manca di colpi di scena, il villain è senza spessore né carisma e la risoluzione arriva priva di sorprese. Se ai dialoghi ci si può rassegnare, perché tanto sott'acqua non si parla, la banale prevedibilità dell'intreccio rimane però uno scoglio insormontabile.

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