giovedì 22 dicembre 2016

Florence

A pensarci bene questa non è un'epoca in cui si parla d'amore. Si parla di problemi di politica, di problemi di omologazione, di problemi di giovani che, perdendosi, perdono di vista le proprie strade e i propri obiettivi. Si parla dei problemi tra le generazioni, tra le coppie eterosessuali, tra le coppie omosessuali. Si parla di mancanza di condivisione e di volontà di mettersi in gioco, di assenza di coraggio ad impegnarsi. Ma non si parla d'amore. Ebbene, Florence Foster Jenkins arriva proprio ora, in questa desolata e desolante epoca storica, a trattare l'argomento che più di tutti dovrebbe essere trattato e che invece, ormai, è sceso in fila alla lista perché, intanto, c'è ben altro che urge.

Proprio lei, Florence, la cui storia vera è talmente drammatica da essere stata sapientemente affrontata con la dovuta ed elegantissima comicità, ci insegna che anche una donna non più nel fiore dei suoi anni, con una malattia venerea a carico da troppo tempo perché risulti credibile ai medici che la sua vita sia ancora in corso, non solo prova l'amore, ma lo prova nella maniera più bella e corrisposta che ci sia: attraverso la musica. Sì, perché la musica unisce, la musica piace, la musica incanta, la musica allevia dai dolori nei momenti bui, la musica fa compagnia quando non c'è nessun altro che bussa alla tua porta. E mentre questa musica, stonata o incantevole, leggiadra o intensa, classica o moderna, attrae a sé il mondo come il fachiro indiano fa col serpente che esce fuori dalla cesta, Florence Foster Jenkins, impersonata da una ancora una volta eccelsa Meryl Streep, va dritta avanti per la sua strada, ignara, volente o nolente, delle critiche del mondo esterno.

Spalla di questa realtà, tanto lodevole da essere quasi incredibile se non fosse stata documentata, è il marito di lei, St. Clair Bayfield, alias Hugh Grant tornato in tutto il suo fascino “british” sul grande schermo, che pure - e non poteva essere altrimenti - rende l'amore il principale canale d'espressione della sua vita. Sì, è un amore che tradisce. E sì, è un amore molto formale e di facciata. Ma è anche un amore vero, profondo e sentito. Un amore talmente imprescindibile da determinare la scelta di Bayfield a non lasciare mai la moglie Florence, per quanto i due non vivano sempre insieme e lui abbia una relazione stabile con un'altra donna. Il loro, quello di Florence e St. Clair, è un amore talmente importante da plasmare veramente una vita, e tutto ciò, ovvero l'infinità delle strade di ogni “homo faber fortunae suae”, che essa comprende al suo interno, breve o lungo che sia.

Commovente, dunque, l'ultima opera cinematografica di Stephen Frears. Di classe, perché ambientata nell'ambito della “high society” newyorkese degli anni '40 (l'evocazione dell'epoca interbellica e bellica è in voga al momento, se si pensa anche alla recente uscita in sala di Café Society di Woody Allen); bella, perché recitata e girata divinamente; unica, perché la portata della musica della Jenkins, al contempo estremamente cacofonica ma anche salvifica, ha catturato, e cattura ancora, l'attenzione del pubblico in sala.

Non si può non consigliare: dunque, accorrete!

(Florence Foster Jenkins) - Regia: Stephen Frears; Soggetto & Sceneggiatura: Nicholas Martin; Fotografia: Danny Cohen; Montaggio: Valerio Bonelli; Musiche: Alexandre Desplat; Scenografia: Alan MacDonald; Costumi: Consolata Boyle; Interpreti: Meryl Streep (Florence Foster Jenkins), Hugh Grant (St. Clair Bayfield), Simon Helberg (Cosmé McMoon), Rebecca Ferguson (Kathleen Weatherley Bayfield), Nina Arianda (Agnes Stark); Produzione: BBC Films, Qwerty Films, Pathé; Distribuzione: Lucky Red; Origine: Regno Unito, Francia, 2016; Durata: 110'; Web info: http://ift.tt/1PGE0DR; Punteggio stelle: 5/5.



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