Sono diversi anni ormai che Marco Bellocchio ha deciso di prendere di petto la storia d'Italia. Non ci sono molti film altrettanto belli e originali come Buongiorno notte sul terrorismo italiano o come Vincere sul fascismo. Da qualche anno, però, si ha come la sensazione che abbia messo a disposizione il proprio capitale simbolico capace di garantire anche un budget decisamente importante, uno sforzo coproduttivo e una ricaduta distributiva decisamente notevole per fare dei film che di fatto sono un ibrido, dove la cifra stilistica del regista piacentino risulta per larghissime parti schiacciata da una reverenza nei confronti della fattualità, della cronaca o di una cronaca fattasi storia. Crediamo che proprio questo sia il caso de Il Traditore, l'unico film italiano presente in concorso a Cannes e che è stato accolto con favore, sia dalla critica che dal pubblico. Il protagonista, tutti ormai già lo sanno, è Tommaso Buscetta, il pentito di Cosa Nostra, sulla base delle cui confessioni è stato possibile a cavallo fra gli anni Ottanta e gli anni Novanta infliggere un colpo tremendo all'associazione criminosa siciliana. Chi è informato sulle tremende pagine della storia italiana di quegli anni, o chi ne è stato testimone tramite gli organi di stampa e la televisione, vedrà scorrere davanti a sé tutta una serie di eventi che già conosce: dal maxiprocesso alla strage di Capaci, dalla cattura di Riina al tentativo rivelatosi vano di individuare in Andreotti il mandante di almeno due omicidi, con un dosaggio fra re-enactement e footage a netto vantaggio del primo. Per intenderci: l'intervista di Santoro a Buscetta, rifatta con gli attori, mentre l'annuncio della morte di Falcone, della compagna e della scorta con materiali d'archivio del TG1 e la voce di Bianca Maria Piccinino, il vero Paolo Borsellino al funerale di Falcone, accompagnato dalla straziante richiesta/pretesa da parte di Rosaria Costa, moglie dell'agente Vito Schifani, nei confronti dei mafiosi: “Vi perdono ma inginocchiatevi”, anche questa scena tratta dai telegiornali, mentre appunto Andreotti viene recitato da un attore (e con lui i vari mafiosi e Falcone, in sostanza i protagonisti del film). Il vero Buscetta lo vediamo, ad esempio, solo nei titoli di coda mentre canta una canzone in spagnolo. Per il resto, anche questo già lo si sa, Buscetta è interpretato da Pierfrancesco Favino, forse il ruolo più importante, fin qui, di tutta la sua vita di attore, a pochi mesi dal suo cinquantesimo compleanno (ma prossimamente, anche questa notizia è circolata, lo vedremo anche interpretare Bettino Craxi). Non c'è dubbio che Favino ha studiato molto bene Buscetta, che i truccatori sono stati molto professionali, che è un buon attore, forse più bravo a recitare in portoghese con la sua terza moglie brasiliana che, lui romano, a recitare in siciliano, visto che in più di un caso sembra quasi sfiorare la caricatura e – soprattutto - visto che deve vedersela con uno straordinario Luigi Lo Cascio, nel ruolo - con un minutaggio incomparabilmente inferiore - di Salvatore Contorno, che ha la ventura di essere siciliano davvero e di dispiegare un talento (anche) comico, decisamente sensazionale. Ciò detto, il film comunica, va detto, sensazioni molto contraddittorie: da un lato, è inutile negarlo, è molto didascalico, nel senso letterale del termine perché è pieno zeppo di didascalie, date e nomi, uno di quei film, dei quali si è soliti dire che andrebbe fatto vedere nelle scuole, che è certamente un complimento perché è un modo per attestare a chi l'ha fatto una importante patente civica, ma questa patente di civismo rischia anche costantemente di costituire un limite perché finisce per attribuire al cinema una funzione nobilmente ancillare di (mero) contributo, civico appunto, alla costruzione della memoria. Sempre sul fronte dei limiti: non si può non menzionare una colonna sonora a dir poco invasiva, curata, per carità, da Nicola Piovani, ma pur sempre troppo invasiva, come del resto sono invasive le musiche non originali, nel corso delle quali Bellocchio attinge non raramente al melodramma, più specificamente a Verdi in una ideale ricongiunzione con I pugni in tasca, qui addirittura Buscetta/Favino entra nell'aula del maxiprocesso al suono di Va pensiero. Dall'altro lato, proprio partendo da questa scelta che desideriamo interpretare come paradossale e straniante (e non, lo speriamo vivamente, come pittoresco omaggio all'italianità, ad uso dei coproduttori e dei distributori), si potrebbe andare in cerca dei molti, anche se non moltissimi, segnali del fatto che questo film cronachistico-storico, assai probabilmente su commissione, è pur sempre stato girato da uno dei più importanti registi italiani viventi. E allora le cose più belle sono le scene oniriche, gli incubi e i sogni di Buscetta, ovvero le scene su cui la cronaca non ha nulla da offrire, e vivaddio c'è da inventare, da immaginare; poi la scena iniziale, debitrice certamente del Padrino ma comunque in linea anche con le numerose scene girate nei sontuosi e sordidi salotti dell'aristocrazia cardinalizia romana, le immagini allegoriche di animali; o ancora alcune sequenze del maxiprocesso di sapore quasi brechtiano.
Oltre alla a tratti livida fotografia di Vladan Radovic (soltanto qua e là un po' banalotta quanto antichizza seppieggiando gli anni'60: non se ne può più!) un altro merito del film è che – al di là delle dichiarazioni rilasciate a Falcone in cui Buscetta si erge a laudator temporis acti di quanto le azioni criminose della mafia rispondevano a un codice d'onore – alla fine il mistero profondo della psiche del personaggio, eroe e traditore appunto, resta tutto sommato inspiegato, esattamente come in un film di cinquant'anni fa, incomparabilmente più bello di questo, girato da un quasi coetaneo e quasi conterraneo di Bellocchio, che ci ha lasciato esattamente sei mesi fa.
(Il traditore); Regia: Marco Bellocchio sceneggiatura:Marco Bellocchio, Ludovica Rampoldi, Francesco Piccolo, Valia Santella; fotografia:Vladan Radovic; montaggio: Francesca Calvelli; interpreti: Pierfrancesco Favino (Tommaso Buscetta), Maria Fernanda Candido (Maria Cristina), Fabrizio Ferracane (Pippo Calò), Fausto Russo Alesi (Giovanni Falcone), Luigi Lo Cascio (Salvatore Contorno); produzione: IBC Films, Rai Cinema, Kavac Films origine: Italia-Francia-Germania-Brasile 2019; durata: 135'.
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