lunedì 9 ottobre 2017

Blade Runner 2049 - Perché sì

"Non l'avete mai visto un miracolo...!"
- Sapper Morton

Mettere le mani su un oggetto mistico della portata di Blade Runner, il capolavoro di Ridley Scott del 1982, non puó mai dirsi operazione di sicuro successo critico e commerciale: sia ben chiaro, replicare l'impatto e la valenza storico-culturale del film pietra miliare della storia del cinema di Scott é da considerarsi impossibile (per tutta una serie di fattori che non staremo di certo qui a snocciolare), ma per lo meno qualcosa di buono o di ampiamente apprezzabile, quello si, puó essere un obiettivo raggiungibile. Blade Runner 2049, in questa accezione progettuale, riesce senza mezzi termini a scuotere gli animi di appassionati e cinefili, imponendosi comunque lo si consideri, come uno dei film piú importanti (per ambizione e concezione) degli ultimi anni (supportato da ben tre cortometraggi introduttivi disponibili su Youtube: Corto 1, 2 e 3). E allora accodiamoci al giochino piú fazioso messo in piedi da chi il cinema lo vive con inesauribile affiatamento: Blade Runner 2049 é davvero un capolavoro...?

Il film di Denis Villeneuve (regista dei pregevoli La donna che canta, Enemy, Sicario e del magniloquente Arrival) riparte trent'anni dopo le vicende narrate nel film di Scott, mostrandoci una Los Angeles ancor piú buia e intossicata dalla sovrapproduzione tecnologica che ormai domina il mondo civilizzato, contribuendo a una sempre piú inarrestabile alienazione umana: l'agente K (Ryan Gosling) é un Blade Runner che, durante una missione di pulizia rinviene uno scrigno nascosto sotto terra, al cui interno é sigillato lo scheletro di un replicante Nexus femmina dalle caratteristiche davvero singolari; da qui inizia la vera storia dell'agente K, alla ricerca di una veritá sepolta da tempo e osteggiato dalla brama si conoscenza e supremazia delle industrie Wallace, capeggiate dal barocco e visionario Neander Wallace (un Jared Leto perfetto per il ruolo, ancora una volta capace di esprimere tutto il suo potenziale recitativo).

Denis Villeneuve é senza ombra di dubbio un regista in grado di maneggiare con cautela la materia prima di un caposaldo come Blade Runner: il suo primo obiettivo consiste nel ricreare, rispolverare, quelle atmosfere soffocanti e tenebrose architettate dal genio di Philip K. Dick nel suo Do androids drema of electric sheep?, romanzo dal quale Scott stesso trasse il suo capolavoro, traslandole verso un'epoca ancor piú futuristica, ancor piú schiacciata da una tecnologia invasiva, dispersiva, invadente, che non permette piú all'uomo di aver controllo sul mondo in cui (soprav)vive, una babele multietnica anarchica, ridotta a viscida discarica di carne, metallo e impulsi incontrollabili. Partendo da questo lavoro di rivisitazione del mito Dickiano/Scottiano, Villeneuve plasma un sequel che si avvale di un duplice e ambizioso compito: da una parte Blade Runner 2049 si riallaccia ai segmenti narrativi volutamente lasciati in sospeso da Scott, che hanno per protagonista il celebre cacciatore di androidi Rick Deckard (interpretato dall'icona Harrison Ford), in un'operazione di sviluppo aggiuntiva, necessaria affinché il film si imponga come prosecuzione naturale della creatura modellata da Scott, di (re)introduzione al vecchio per le nuove generazioni di spettatori e, certamente, perfino come progetto autonomo e (chissá) nuovo punto di partenza per un franchise che potrebbe custodire un potenziale molto piú articolato rispetto a quanto considerato fino a ora; d'altra parte, Blade Runner 2049 assume i connotati del ‘progetto della vita' per Villeneuve, un sapiente omaggio di carattere metatestuale sulla potenza intrinseca del Cinema, inteso come strumento in grado di fondere realtá e finzione e di riuscire a raccontare e mostrare contemporaneamente entrambe, un moderno dio Giano dalle due facce, che vive al tempo stesso nello spazio materiale (la pellicola, lo schermo) e in quello immateriale (l'idea, il pensiero, la narrazione e la prospettiva che lo spettatore ha di essi). Un concetto che trova fondamento nel personaggio stesso dell'agente K, individuo ambiguo per necessitá concettuale (ricalca a suo modo, a modo di Villeneuve, la stessa ambiguitá, addirittura raddoppiata, di Deckard nel film di Scott: umano o replicante? Figlio o estraneo?) di cui il regista si serve dapprima veicolandolo verso un rapporto sessuale con una ragazza a cui si sovrappone lo spettro virtuale di un ologramma, a testimoniare un amore consistente tra il regista e quel tipo di cinema che l'ha forgiato, poi per escogitare una sorta di plot twist posto prima del climax finale, ma comunque pregevole e necessario per rafforzare la missione (meta)celebrativa di Villeneuve.

Se Blade Runner 2049 riesce a colpire la suscettibilitá del cinefilo in questa direzione, il film perde di consistenza sul finale, quando tutti i nodi vengono al pettine, rivelando una storyline che, nel complesso, appare di per sé ingiustificatamente enfatizzata, dilatata e pretestuosa: la vittoria di K sulle interferenze della Wallace, a cui segue la ricongiunzione tra Deckard e la figlia perduta non bastano per confezionare una storia adeguata alla caratura del progetto, lasciandolo quasi monco, sicuramente alla lunga privo di mordente. Magari, come accennato in precedenza, in futuro potremo assistere a un ulteriore sequel...

Ecco che Blade Runner 2049 si esalta per il suo apparato metatestuale, che finisce col sovrastare quella storia che Villeneuve e Hampton Fancher (giá co-autore della sceneggiatura del Blade Runner di Scott) e Micheal Greene si sono proposti di raccontare: se il film del 1982 aveva avuto la forza di saper raccontare in maniera minimalista una storia ricca di sfaccettature e di notevole spessore psicologico, con Blade Runner 2049 accade il contrario, mettendo in scena un plot troppo asciutto, seppur impiantato in un corpo di carne e circuiti portentoso, dalle tinte ancor piú marcatamente crepuscolari (e, in questo senso, ampi meriti vanno riconosciuti al talento del direttore della fotografia Roger Deakins, giá in odore di Oscar).

Blade Runner 2049 é un'esperienza visiva magniloquente da godere assolutamente su grande schermo. E tornando alla domanda posta in capo a questa analisi, possiamo dunque definire il film di Denis Villeneuve un capolavoro? Bè, chi puó dirlo? Ne abbiamo viste di cose...

LEGGI IL REVERSE ANGLE SUL FILM

(Blade Runner 2049); Regia: Denis Villeneuve; sceneggiatura: Hampton Fancher, Michael Green, Philip K. Dick (soggetto); fotografia: Roger Deakins; montaggio: Joe Walker; musica: Jóhann Jóhannsson, Hans Zimmer, Benjamin Wallfisch; interpreti: Ryan Gosling, Harrison Ford, Ana de Armas, Sylvia Hoeks, Jared Leto, Robin Wright, Mackenzie Davis, Carla Juri, Lennie James, Dave Bautista, Barkhad Abdi, David Dastmalchian, Hiam Abbass, Wood Harris, Edward James Olmos; produzione: Alcon Entertainment, Thunderbird Entertainment, Scott Free Productions; distribuzione: Warner Bros. Pictures; origine: U.S.A., 2017; durata: 163'



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