martedì 15 agosto 2023

Barbie e Joker, fenomeni opposti con la stessa radice creativa e lo stesso messaggio

No. Non è un altro dei tanti articoli che cerca di entrare nella spirale di spiegazioni del successo planetario di Barbie. Quel successo si spiega da solo: ottima campagna di marketing, popolare brand conosciuto da ogni generazione, brillante adattamento per lo schermo.
Sì. È un altro articolo che si getta nella mischia di chiacchiere intorno al film dell'anno perché la luce in fondo al tunnel per uscirne è ancora lontana.
Forse. È la risposta alla domanda "Non ci sarà troppa presunzione nell'azzardare un collegamento tra Barbie e Joker come se fosse un'illuminazione divina?".
E no. Non è un ennesimo trattato sul femminismo in ascesa né sul patriarcato in espiazione per i peccati commessi.

Innanzitutto, la superficie.
Cosa hanno in comune il film sorpresa del 2019 e il film sorpresa del 2023? Entrambi sono storie su personaggi universalmente noti, provenienti da mondi di intrattenimento diversi dal cinema, le cui rispettive società DC Comics e Mattel che detengono la proprietà intellettuale sono in partnership con la Warner Bros. per la trasposizione sul grande schermo. Sia Joker sia Barbie hanno beneficiato di una intelligente campagna di marketing iniziata con larghissimo anticipo sull'arrivo nelle sale del prodotto finito. La prima pubblicità destinata ad aprire una breccia nella memoria dei futuri spettatori è stata per entrambi un'immagine dal set durante le riprese. Da una parte, Joaquin Phoenix dimagrito nell'abbigliamento trasandato di Arthur Fleck, dall'altra Margot Robbie e Ryan Gosling in versione Barbie e Ken con tenuta sportiva multicolore rosata e rollerblade giallo abbaglianti. Entrambi hanno superato le aspettative incontrando un grande riscontro di pubblico e finendo per superare al box office mondiale la soglia del miliardo di dollari di incasso. Fino a qui siamo d'accordo, giusto? Proviamo a scavare.

Joker e Barbie: personaggi in cerca di identità

Potreste non aver realizzato che la maggior parte dei film che vedete prevedono un percorso morale da parte del protagonista che lo conduce alla ricerca di sé. Di se stesso in termini assoluti o in termini relativi alle circostanze in cui il racconto lo colloca. Prima o poi ci passiamo tutti in quella fase (o meglio, quelle fasi) in cui cerchiamo di capire chi siamo mentre ancora esistiamo. L'urgenza è soggettiva e comunque condizionata dal piccolo mondo in cui abitiamo.

Arthur Fleck è un'anima tormentata, vive in una società ostile che apparentemente si accanisce contro di lui. Il film di Todd Phillips è costruito per giustificare l'involuzione del personaggio, per quanto un reietto possa sentirsi tale a prescindere dalla sfortuna e dalla negatività in cui è immerso. Gli aiuti professionali a volte servono, a volte no, e allora lasciarsi ottenebrare sembra l'unica strada per poter rispondere alla domanda "chi sono io". Nel tragitto per verso l'identità di Joker, l'uomo lentamente trova nella sua crescente follia l'unico ambiente per lui sostenibile, scavalca le regole collettive che non hanno mai funzionato, ed entra nell'immaginario mondo in cui nessun altro può entrare e la legge che vige è la sua.

Barbie non potrebbe essere più agli antipodi. Il suo mondo immaginario è perfetto e lei ne è la regina. È un modello per tutti perché lei è lo stereotipo, unica consapevolezza che ha, prima che la sua mente formuli il pensiero della morte. Questa informazione è di origine umana, naturalemente, e Barbie ha gli strumenti per elaborarla, altrimenti non avremmo alcun film. Greta Gerwig spedisce il personaggio in un viaggio rivelatorio che la porta a comprendere chi è sempre stata, in quale contesto ha vissuto e in quale no. Conoscendo le emozioni della vita reale, si trova dover scegliere da che parte stare per capire quale identità possa avere in una società vera.

Joker e Barbie: personalità estetica, messaggio universale

Fin dalla nascita ci troviamo sotto il giudizio altrui. Sono tanti i tribunali di fronte ai quali, come individui, dobbiamo dare prova di onorabilità in varie tappe della vita. Siamo giudicati da neonati, bambini iperattivi, studenti, figli, adolescenti ribelli, giovani speranze per il futuro, adulti problematici, mogli, mariti, genitori e anziani che scordano le cose. Ma il più impietoso dei verdetti è quello che diamo a noi stessi. C'è sempre una scena di fronte allo specchio. Sempre.

La ricerca della nostra identità personale non ha mai fine. È come un mulino che si abbevera in un ruscello, sale verso l'alto, si disseta e torna giù verso l'acqua. Cambia perché cambiamo noi, cambia lo scenario intorno a noi, cambia la consapevolezza della nostra esistenza. Identità significa autenticità. Se mentiamo di fronte al nostro riflesso, mentiremo ai parenti, agli amici, ai colleghi. Niente panico, lo facciamo tutti. Ciò che è diversa è proprio l'urgenza che sentiamo nel dover risettare le priorità, a cominciare da noi stessi.

Joker e Barbie compiono un percorso opposto verso la "rinascita" e lo fanno per mano di autori americani in film ad alto budget e con un migliaio di persone coinvolte nella realizzazione. Quel denaro investito deve rientrare e produrre profitto. Per poter accontentare il più ampio target di pubblico, pur mantenendo una qualche sorta di autorialità, bisogna essere narratori molto astuti. Joker è un dichiarato "character study" che il cinema ha spesso affrontato negli anni 70. Barbie si fa portavoce del XXI secolo sul ruolo della donna nella società. Entrambi con un'elegante veste estetica, un biglietto da visita per poter acquisire fin da subito una forte personalità.

Per gli intellettuali e i profondi conoscitori della cultura cinematografica o, in senso più ampio, per chi si nutre di opere letterarie, risulta evidente che entrambi i film non abbiano niente di nuovo da dire. A dispetto del loro successo, non arrivano per scardinare l'arte espressiva alla quale appartengono né per scrivere un nuovo testamento. Anzi, proprio per il loro successo, dimostrano di aver saputo rielaborare gli scogli esistenziali su cui si infrange la nostra consapevolezza fin dagli antichi greci, e magari aprire le porte a qualche giovane spettatore sulla personale ricerca di sé. Oppure no e in quel caso. si tratta di buon vecchio intrattenimento fine a se stesso, salito agli onori di cronaca come fenomeno del momento e su cui ognuno ha il diritto di dire la propria opinione.



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