Posto che qualsiasi cosa induca a meditare in termini di sofferta ma serena accettazione sulla vecchiaia, sulla malattia, sulla morte, e sulla loro civilissima gestione pratica possibile soltanto in alcuni stati europei, vada salutata con rispettosa ammirazione, lascia in bocca la lieve amarezza della delusione questo carnet intime di Alain Cavalier – vincitore del Premio della Giuria con Thérèse al Festival di Cannes del 1986 – che arriva in Croisette fuori concorso a regalare una indubbia dose di luminosa e matura saggezza di sapore quasi orientale con il suo invito a indirizzare lo sguardo, e in questo caso l'occhio del regista coincide con quello della sua telecamerina portatile usata come blocco per appunti per fissarvi riflessioni, considerazioni e altri pensieri còlti in divenire, sui dettagli più e meno vistosi che accompagnano le piccole avventure della quotidianità, dallo scompartimento di un treno agli uccellini che beccano briciole sul balcone di una casa affacciata sul Lago di Ginevra, alle bolle di sapone di un venditore ambulante in Place de la Concorde. E naturalmente sugli amici da poco scomparsi, sugli oggetti a loro intimamente legati, così come quelli che ricordano chi invece non c'è più da tanto tempo, come il vecchio crocefisso appeso nella camera da letto del papà di Cavalier, dopo un restauro per tanti, troppi anni rinviato.
A caso, e sulla scia delle intermittenze del cuore, la voce fuori campo di Cavalier ci commenta in diretta momenti della sua vita da anziano cineasta (ha compiuto lo scorso settembre 87 anni) ancora perfettamente in grado di spostarsi in treno o in metropolitana per fare visita alle sue amiche malate di cancro, Anne, che vive in Svizzera, e la scrittrice Emmanuèle Bernheim, sceneggiatrice per Ozon, dal cui romanzo Tout s'est bien passé è circostanzialmente tratto questo Être vivant et le savoir. Nel libro, più volte citato mostrandocene stralci del volume stampato, la Bernheim racconta la malattia e la ‘dolce morte' di suo padre avvenuta 20 anni addietro, cadenzandone gli eventi senza naturalmente prevedere quello che sarebbe poi stato l'iter della propria malattia, un cancro al polmone che l'ha uccisa a soli 61 anni nel maggio del 2017.
Tutto molto tenero e crepuscolare, senz'altro. Eppure, nonostante il sapore di haiku di alcune sequenze, dedicate a particolari a prima vista insignificanti che focalizzati dall'obiettivo assumono una valenza poetica a volte giustificata, altre ingigantita da una sensibilità pur nobile ma purtroppo lontana dalle altezze del genio, finisce con l'avere il sopravvento una certa enfasi di marca francese, pericolosamente in bilico tra il lirismo minimalista e la retorica stucchevole. Contenuto nei limiti del formato televisivo entro i 60 minuti (il film è prodotto da Arte France) e sforbiciato di alcune concessioni a una banalità da cattiva letteratura, Être vivant et le savoir risulterebbe forse più congruo e compiuto. Tutto ciò detto e scritto, beninteso, nel massimo rispetto del dolore del regista, della sua perdita di persone care e della sua volontà di ricordarle con l'affetto e la nostalgia dello sguardo.
(Être vivant et le savoir); Regia: Alain Cavalier; sceneggiatura: Alain Cavalier; fotografia: Alain Cavalier; montaggio: Françoise Widhoff; produzione: Arte France Cinéma; distribuzione: Pathé Films; origine: Francia, 2019; durata: 82'
from Close-Up.it - storie della visione http://bit.ly/2LTndVK
Nessun commento:
Posta un commento