A poche ore dalla vittoria del Black Panther Award per il miglior film, abbiamo incontrato il regista di A Brief History of a Family, che era uno degli 8 titoli del Concorso Internazionale del Noir in Festival 2024. La buona notizia è che il film arriverà nelle sale italiane, probabilmente nella primavera del 2025, distribuito da Movies Inspired. Senza nulla togliere ai restanti film in competizione, dobbiamo ammettere che siamo rimasti incantati di fronte alla storia che Lin Jianjie ha voluto raccontare nel suo primo lungometraggio di finzione, che nasce dall'osservazione di una famiglia cinese, composta da padre, madre e un figlio di nome Wei, che viene scombussolata dall'arrivo, nella loro vita perfettamente organizzata, di un ragazzo orfano di madre (Shuo) e con un padre alcolizzato e violento. A metà fra il dramma e il thriller psicologico, A Brief History of a Family non manca di parlare delle conseguenze della politica cinese del figlio unico e di una società in cui la donna è relegata in secondo piano.
Seduti su un divanetto rosso accanto a un albero di Natale con gigantesche palle dorate, abbiamo dunque conversato con Lin Jianjie, che parla un inglese assai migliore del nostro e che subito ci racconta che i suoi genitori vedranno il film quando arriverà in Cina e che cominciano soltanto adesso a capire e ad accettare la sua scelta di dedicarsi al cinema, forse perché con l'arte non si vive, a meno di essere molto famosi. Dopo questa piccola confessione, chiediamo a Lin Jianjie di spiegarci la genesi di A Brief Story of a Family.
"Ero molto interessato al tema della famiglia" - risponde - "e ricordo che, quando ero bambino, andavo a casa dei miei amici e c'erano sempre delle foto delle loro famiglie in cui tutti sorridevano. Mi capitava di domandarmi cosa si nascondesse dietro a quei sorrisi, e quindi a spingermi a fare questo film, almeno all'inizio, è stato proprio il desiderio di esplorare il mistero della vita familiare. In Cina diciamo: 'Casa dolce, casa', ma la casa è veramente un luogo accogliente? Una volta deciso il tema del film, ho cominciato a pensare al contesto, e quindi è nata la famiglia del film, che è una famiglia cinese che si è dovuta accontentare di un solo figlio perché così ha deciso il governo. Infine ho cercato un punto di vista, e siccome ho un background legato alla biologia, ho pensato che potesse essere interessante osservare una famiglia come se fosse una cellula indipendente che reagisce ai cambiamenti sociali e politici ma anche una delle cellule che compongono la nostra società. Una volta trovata questa prospettiva, mi sono sentito pronto per realizzare il film".
Come ha influenzato le famiglie cinesi la politica del figlio unico?
Ha certamente condizionato il rapporto fra genitori e figli unici e fra i genitori stessi, e spesso in maniera negativa. Credo che sia una situazione complicata, perché da una parte il figlio unico beneficia delle risorse economiche e della totale attenzione dei genitori, ma dall'altra si sente sotto pressione perché viene continuamente influenzato dai genitori. Ne deriva che, quando deve fare una scelta, si trova a mediare fra ciò che desidera e ciò che invece vogliono per lui la madre e il padre. Quando si è adolescenti o comunque giovani, si può provare a fare una cosa. Dopodiché, se va male, si può tentare con un'altra, ma in questi casi diventa molto difficile, perché si ha davvero poco margine di fallimento, e alla fine i figli rischiano di percorrere la strada che è stata scelta per loro. È normale che in un simile contesto nascano dei conflitti, e mi è dispiaciuto vedere molti miei amici alle prese con questi problemi.
Si avverte una certa tensione nel guardare A Brief History of a Family. Si tratta di un elemento che è stato importante fin dall’inizio?
Al principio pensavo che avrei fatto un thriller psicologico, ma in corso d’opera ho capito che muovermi all'interno di un solo genere sarebbe stato limitante. Ho pensato ai miei personaggi e ai rapporti tra di loro, e una delle cose che ho scoperto mentre giravo era questa idea di osservare il mondo attraverso un microscopio. In teoria, più ci avviciniamo a un oggetto e meglio riusciamo a conoscerlo e ad analizzarlo, ma quando mi sono avvicinato ai corpi e ai volti dei personaggi, mi sono accorto che stavano diventando sempre più enigmatici, e a quel punto ho deciso di affiancare al thriller il mistery, perché credo che il mistero più grande di tutti sia quello della mente umana. Ero contento di aver inventato dei personaggi, solo che non riuscivo a capire cosa pensassero veramente.
Gli adolescenti del film non dialogano né tra loro né con i genitori di Wei. Gli adolescenti nel tuo paese sono come i due giovani protagonisti? È colpa dei social se non riescono a comunicare in maniera diretta?
A volte è interessante osservare una persona che, nel rapportarsi agli altri dal vivo, è piuttosto introversa o non sa come comportarsi, mentre sui social è estroversa e si sente libera di essere sé stessa. Ovviamente all'inizio sembra una cosa assurda e sbagliata, ma magari per questi individui i social sono l'unico modo per raccontarsi con sincerità al prossimo, e ciò mi spinge a essere un po’ più oggettivo nelle mie valutazioni. Ovviamente questo rapido sviluppo tecnologico ha anche dei contro, ma ci sono dei pro, o semplicemente si tratta di una nuova modalità di comunicare.
La vicenda si svolge quasi interamente nella casa della famiglia di Wei, che è un posto fantastico. Dove l'avete trovata? Passando allo stile del film, che lavoro hai fatto con il direttore della fotografia?
Siamo andati in cerca di location e abbiamo trovato questa bellissima casa, un appartamento al secondo piano di un edificio. Durante il giorno rimane piuttosto buio e ci siamo innamorati dell’atmosfera che ha. È un posto dove il giorno è più scuro della notte, quando si accendono le luci. Lo scenografo ha arredato benissimo la casa, mantenendo mobili e oggetti dell'antica tradizione cinese e mescolandoli a cose più moderne di cui alcune provenienti dall'Occidente, e questo perché il padre di Wei ha studiato all'estero e la madre ha viaggiato molto, quindi la casa non è solamente espressione del loro gusto ma anche dei rispettivi background. Con il direttore della fotografia abbiamo parlato con grande serenità. Io suggerivo delle idee, lui mi diceva le sue. La maggior parte del tempo ci trovavamo d'accordo. A volte abbiamo fatto scelte semplici, altre abbiamo optato per uno stile più complesso. Una cosa che sembrava importante a entrambi era riprendere il personaggio di Shuo lateralmente o di tre quarti o da dietro, mai da davanti. Non volevamo inquadrature frontali.
Il personaggio della mamma di Wei non sembra felice, forse perché in casa non comanda lei. Cosa mi dici della situazione della donna in Cina? Il patriarcato regna sovrano?
Nella mamma di Wei ci sono due "persone". Da una parte c'è la moglie e dall'altra la madre. Quindi, quando vedi le dinamiche che la donna ha con il marito, soprattutto all'inizio, ti accorgi che la famiglia descritta è patriarcale: il padre non parla molto, ma di solito ha l'ultima parola. Tutto questo è un po’ oppressivo per la madre di Wei, al punto che, dopo tanti anni in cui ha comprato soltanto pere, perché il marito non mangia altra frutta, non ricorda più quale sia il suo frutto preferito. Quindi per lei essere una moglie e una madre è sinonimo di frustrazione. Per questo l'arrivo dell'amico del figlio è una ventata di aria fresca.
Quando la politica del figlio unico ha cessato di esistere, cosa è successo nelle famiglie?
Adesso le famiglie non devono più limitarsi soltanto a un figlio, e questo ha più influenza sulle donne che sugli uomini, perché le donne si trovano a ripensare al proprio ruolo, perché se decidono di avere un secondo figlio, devono smettere di lavorare, e smettere di lavorare in questo momento non è facile, perché se lasci il lavoro per qualche mese, nessuno ti garantisce che lo riavrai, e se anche lo riavrai, magari resterai indietro, perché nella società cinese contemporanea ci sono molte donne concentrate sulla carriera, quindi la donna si trova a vivere un conflitto interiore, e anche se adesso il governo incoraggia le donne ad avere più di un figlio, molte famiglie preferiscono evitare.
Nel film a un certo punto Wei, parlando del padre, lo paragona a Voldemort. Perché hai deciso di chiamare in causa il cattivo di Harry Potter?
Harry Potter è un fenomeno globale, e quello con Voldemort è un paragone che molti ragazzi come Wei farebbero, e poi lui è un personaggio che ha senso dell’umorismo, e il parallelo è molto intelligente, e siccome il film racconta una storia universale, è giusto che citi un personaggio conosciuto ovunque nel mondo. Parliamo di una famiglia cinese, ma la storia che raccontiamo potrebbe riguardare tutti.
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