Presentato al Biografilm Festival 2019 nella sezione Biografilm Iatalia, Noci sonanti é un documentario d'osservazione che narra la quotidianità di Fabrizio Cardinali e suo figlio Siddhartha, immersi in una vita bucolica nell'entroterra marchigiana, unci componenti fissi della tribù delle Noci sonanti, messa in piedi da Fabrizio nel corso degli anni Settanta.
Close-Up ha incontrato i registi, Damiano Giacomelli e Lorenzo Raponi, freschi vincitori del premio Hera Nuovi Talenti, per parlare del loro progetto.
Cosa vi ha ispirato a raccontare una storia così singolare?
Damiano Giacomelli: «Se da un punto di vista tematico la situazione di vita raccontata nel film è sicuramente singolare, abbiamo deciso di raccontarla normalizzandola nella prima parte del film, cercando di mostrare questa realtà tra padre e figlio che vivono immersi nella natura, senza alcun comfort; devo dire che l'armonia mostrata dai protagonisti ci é sembrata stupefacente. Poi il film racconta una messa in discussione di questo modello iniziale, attraverso il movimento di Siddartha, che inizia a frequentare un altro mondo, più vicino al nostro, quello della società contemporanea più simile al nostro. Quindi quello che all'inizio del film viene mostrato come peculiare, poi viene messo in discussione, attraverso un rovesciamento dei ruoli».
Come hanno accolto i protagonisti la proposta di far parte di questo vostro film? Come si sono relazionati con il progetto?
Lorenzo Raponi: «Si sono relazionati molto bene, in particolare Fabrizio, perchè le sue motivazioni erano mirate anche a far conoscere “all'esterno” il suo modello di vita, in modo tale che il suo progetto iniziale, ovvero quello di costruire una comunità composta da tante persone in grado di condividere quel modello di vita, si potesse compiere. Questo anche perchè, rispetto gli anni Novanta, durante i quali erano presenti molte più persone, oggi Fabrizio é sempre più solo... quindi da parte di Fabrizio c'é stata tanta voglia di partecipare a questo progetto. Ovviamente tale esigenza era meno valida per Siddhartha, poichè essendo un bambino e avendo un altro tipo di carattere, ha mostrato maggior diffidenza, specie nei confronti della natura della nostra presenza, dato che noi chiedevamo di essere accettati nella tribù delle Noci sonanti e, contemporaneamente, anche la nostra assenza, e questo per il piccolo é stato più difficile da accettare, rispetto a Fabrizio. Ma queste difficoltà sono state superate presto...»
Qual é la vostra opinione in merito all'esistenza di queste realtà? Cosa ne pensate della scelta di Fabrizio?
D. G.: «Io sono d'accordo con Fabrizio sull'esistenza di certe comunità/tribù dotate di regole proprie che, tuttavia, permettono l'esistenza di altre comunità/tribù. Quello che lui non concepisce é la tribù occidentale, profondamente legata al consumismo che praticamente cancella o allontana tutte le altre, impedendone l'esistenza. Il suo é un percorso di vita davvero peculiare, iniziato negli anni Settanta e il modello da lui accettato si basa proprio su questa concezione di esistenza».
L. R.: «É difficile dare un giudizio, perchè tutti noi facciamo parte di questa tribù occidentale che fa fatica ad accettare le altre. Mi piace che si può valutare questo modello di vita, partendo non solo dalle motivazioni che sono alla base, ma anche andando a scovare quel che si può avere in più, rispetto al nostro modello di vita attuale».
Cosa significa per voi lavorare in coppia dietro la macchina da presa?
D. G.: «In questo caso é una diretta conseguenza del soggetto del film, perchè essendo due i personaggi principali che si muovono e vivono anche in maniera speculare, durante il corso di una giornata, servivano due macchine da presa e due autori che non fossero solo dei semplici operatori e che avessero la stessa consapevolezza in merito alla storia che si voleva raccontare».
L. R.: «É stato molto importante lavorare in due. Con Damiano ci conosciamo da una decina d'anni e insieme abbiamo condiviso molti lavori e in diverse fasi del lavoro. Avendo collaborato spesso in passato, ci siamo trovati molto bene in coppia per questo progetto, anche perché in tribù spesso si doveva ricorrere a un linguaggio non verbale e, quindi, la situazione esigeva un determinato rapporto che, magari, con altre persone sarebbe stato difficile sviluppare. Alla fine abbiamo sviluppato la capacità di percepire con diverse ore di anticipo l'accadimento di un qualcosa di veramente interessante e per questo c'era il bisogno vitale di instaurare una certa complicità che ci permettesse di lavorare al meglio delle nostre potenzialità e della situazione creatasi».
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