Al regista e direttore di Creuza de Mà Gianfranco Cabiddu, che per 18 edizioni ha organizzato a Carloforte, sull'Isola di San Pietro, un festival dedicato alla musica per il cinema, sta molto a cuore il CAMPUS Musica e Suono per cinema, un progetto di alta formazione sulla Composizione Musicale e Suono per il cinema.
Cabiddu insegna al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma e agli studenti di regia della scuola che ha sede a pochi passi da Cinecittà offre la possibilità di imparare dai grandi autori di colonne sonore come musicare i loro cortometraggi. Ciò significa che, anno dopo anno, artisti come Pivio, Pasquale Catalano e altri mettono il loro sapere al servizio dei filmmaker di domani. Fra i "docenti" dell'edizione 2024 c'era anche Max Viale, che è uno dei musicisti e fondatori della band Gatto Ciliegia contro il Grande Freddo. Nato nel 1999 a Torino, il gruppo ha collaborato più volte con Susanna Nicchiarelli, aggiudicandosi nel 2021 il David di Donatello per la colonna sonora di Miss Marx.
Incontriamo Max Viale nella hall di un hotel di Carloforte che affaccia sul piccolo porto dell'isola. Fuori il sole è allo zenit e la temperatura percepita sarebbe di 1000 gradi se non fosse per un vento leggero che tuttavia non è il salvifico maestrale. Il festival è cominciato da un paio di giorni e Max ha già avuto modo di incontrare i ragazzi del CSC, felicissimi di trascorrere qualche giorno insieme in un posto bellissimo. Allo stesso modo di tanti loro coetanei, gli allievi si trovano a vivere in un momento storico in cui il verbo condividere sta perdendo di senso perfino in campo musicale, in primis a causa dei progressi tecnologici e quindi della solitudine dell'utente medio del Web. Chiediamo a Max di dirci la sua in proposito. "Alla fine degli anni ’90" - ci spiga - "le band nascevano da un'esigenza di condividere pensieri musicali molto intimi, lasciando al pubblico la libertà di entrare dentro alla loro musica per poi farla propria. Noi, per esempio, abbiamo vissuto il passaggio, dall'analogico al digitale e siamo stati forse gli ultimi che hanno percorso questo ponte. All'epoca c’erano moltissimi luoghi di incontro in più rispetto ad ora, insieme al desiderio delle persone di andarsi a cercare le cose, e siccome Internet non era molto diffuso, l'unico modo che si aveva per ascoltare musica nuova era andare a scovarla girando per locali e lasciandosi così sorprendere anche da gruppi mai sentiti prima. Quindi si partiva, si andava, e c'erano tanti piccoli locali in cui la musica si performava dal vivo. Infine uscivano innumerevoli riviste musicali che potevano darti informazioni utili".
E oggi che sta succedendo?
Oggi gli spazi per l'ascolto sono sempre meno e l'avvento del digitale anche nella distribuzione pone l'ascoltatore nella condizione di essere bombardato da migliaia di proposte musicali, che a un primo sguardo sembrerebbero aver perso i contenuti e la qualità. In realtà non è così, perché, se l'ascoltatore fosse un po più curioso, troverebbe lo stesso tessuto musicale dei primissimi anni Duemila, che però in questo momento è meno visibile e meno fruibile. Passando alla cosiddetta musica commerciale, purtroppo i ragazzi non hanno più la possibilità di condividere le esperienze e di fare ciò che una volta si definiva gavetta e che serviva a crearsi un'identità forte. Era facendo gavetta che si creavano dei contenuti. Invece adesso anche da solo e anche a casa puoi avere gli strumenti per realizzare dei prodotti musicali, e capita che la qualità ne risenta.
Il ruolo di giornalista mi impone di domandarti come mai abbiate deciso di chiamarvi i Gatto Ciliegia contro il Grande Freddo, domanda che vi avranno fatto un numero infinito di volte
Ma lo sai che cambiamo ogni volta la storia perché non ci ricordiamo più? Posso dirti però che il nome del gruppo deriva da un gioco, da uno scherzo. Eravamo tre ragazzi con la passione per la musica e abbiamo cominciato a lavorare a dei brani strumentali per gli amici. Abbiamo inciso un disco artigianale, abbiamo fatto un CD e abbiamo scelto questo nome che ci faceva molto ridere. Abbiamo composto 3 brani ai quali, sempre per scherzo, non abbiamo voluto dare un titolo e li abbiamo regalati a persone che conoscevamo. Allora i dischi si spedivano, e il nostro è arrivato nelle mani di un giornalista ligure, John Vignola, che poi è diventato un critico musicale. Ai tempi aveva un'etichetta indipendente, la Beware Records, e ha trovato i nostri brani bizzarri e molto interessanti, e quindi, siccome sul disco c'era un numero di telefono, si è messo in contatto con me. Già ci conoscevamo, perché lui aveva recensito una mia precedente esperienza musicale, e così mi ha detto: "Guarda, è un progetto interessante, avete altri brani?", e noi: "No, assolutamente no", "Allora fateli che vi voglio pubblicare un disco". Da lì è iniziata un'esperienza che non ci aspettavamo. Il primo album è andato molto bene e quindi abbiamo cominciato con i concerti.
Il grande freddo allude forse all'omonimo film?
"Il grande freddo" non c'entra niente con il film. In realtà era un brano legato a una mia band, in cui cantavo e scrivevo dei testi, e infatti quel brano l'avevo scritto io. L'avevo intitolato "Il grande freddo" perché, in opposizione a ciò che vedevamo guardandoci intorno, desideravamo raggiungere il cuore della musica e quindi fare brani strumentali stando un po’ fuori dai soliti schemi della band: cantante, batterista, eccetera. Noi eravamo 2 chitarre e un basso e abbiamo cominciato a suonare per noi. Poi, evidentemente, questa cosa è arrivata anche al pubblico, insomma siamo piaciuti.
Su Wikipedia, alla voce Gatto Ciliegia contro il Grande Freddo c'è scritto che siete un gruppo post rock? Ti riconosci in questa definizione?
Noi non sapevamo cosa fosse il post rock, però lo abbiamo conosciuto attraverso la categorizzazione dei giornalisti, della critica. Secondo me non è da interpretare esattamente come un genere, ma è evidente che, a partire da oltreoceano, da aree come Chicago eccetera, nasce questa attitudine a mischiare strumenti acustici con musica elettronica. Tendenzialmente si tratta di musiche strumentali che creano atmosfere estremamente oniriche e suggestive. Sicuramente nella nostra musica si possono riconoscere delle influenze di gruppi come i Mogwai e i Tortoise, ma ci teniamo a mantenere all'interno dei pezzi una storia legata alla melodia anche italiana, e probabilmente questo ci ha resi peculiari, e poi abbiamo avuto la fortuna di essere capitati tra le prime band che proponevano un simile genere. Così in breve tempo siamo passati dalla vendita dei dischi porta a porta al trovare i nostri LP in tutti i negozi di dischi, appunto perché le grandi distribuzioni cominciavano a essere incuriosite da ciò che non era mainstream, e quindi, fortunatamente, siamo diventati una band piuttosto conosciuta.
Avete composto la colonna sonora di diversi film di Susanna Nicchiarelli: Cosmonauta, Nico 1988, Miss Marx. Che regista avete trovato?
Susanna utilizza moltissimo lo strumento sonoro così come si dovrebbe sempre fare, e cioè con la funzione di strumento narrativo, e ciò fa di lei una regista la cui visione cinematografica non può prescindere dalla musica. Inoltre molte sue storie nascono proprio da ascolti di brani. I suoi film sono nati anche da nostre musiche che a lei piacevano particolarmente. L'incontro con lei è stato fondamentale per noi, sia per una crescita sua che per una crescita nostra, perché quando le persone riescono a condividere le passioni e ad aiutarsi a vicenda, i risultati sono sempre ottimi. I film di Susanna sono un'opera di Susanna, ma sono anche un'opera che si realizza coralmente. Lei dà molta importanza all'autorialità dei suoi film e sa che gli autori delle musiche sono una parte fondamentale, perché contribuiscono a trasmettere il messaggio di un film.
Nel 2021 avete vinto il David di Donatello con la colonna sonora di Miss Marx, un film che viene spesso identificato con la sua musica. Com’è stata quell'esperienza?
In Miss Marx abbiamo fatto un lavoro molto originale. Susanna ha avuto la bellissima idea di usare la musica come contrappunto innanzitutto per i tempi in cui il film era ambientato, perché si parla di una delle figlie di Marx e quindi ci troviamo a fine '800. Susanna non usa mai la musica in modo didascalico, quindi come commento. Per lei fa parte comunque di una narrazione che può in qualche modo distaccarsi da quello che avviene sullo schermo per creare un contrasto molto forte. Per questo si è deciso di usare musica punk per sottolineare l'attivismo sociale di Eleonor Marx. Per evidenziare invece una parte più fragile della psicologia di questa donna che ha veramente combattuto per tutta la vita per le fasce deboli della popolazione, abbiamo voluto riadattare delle musiche dell'epoca, e quindi parliamo di grandissimi compositori come Chopin, Liszt. Quando dico "riadattare", intendo secondo la visione sonora di Susanna, e dal momento che lei ritiene che noi la interpretiamo bene, ci ha fatto fare il lavoro "semplicissimo" di mettere mano a questi capolavori assoluti secondo il nostro gusto. E così abbiamo riarrangiato Chopin e Liszt affidandoci a molti interventi di chitarra e più in generale a un sound elettronico, componendo una colonna sonora sicuramente spiazzante.
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