È un personaggio controverso Ezra Miller, un attore di raro talento che di marachelle ne ha fatte diverse nei suoi primi 32 anni. Qualcuno le ha elencate in un lungo articolo suddividendole in annate, e una buona parte della pagina Wikipedia a lui dedicata è occupata dai casi giudiziari di cui si è reso protagonista. Noi, però, non siamo qui per giudicarlo o condannarlo, e incontrarlo e parlare con lui è stato uno degli incontri artistici più belli che abbiamo fatto negli ultimi anni, perché quando nella vita di una persona, che sia o meno un artista, ci sono tanti bassi e pochi alti, una caduta e una rinascita, nonché una sensibilità fuori dal comune che si traduce in tormento interiore, quando insomma fa capolino, per ammissione della stessa persona, la malattia mentale, quella persona diventa più profonda e più incline a raccontarsi per quello che è, si è stati e ci si augura di essere in futuro.
Ci troviamo a Forte Village, paradiso in terra che accoglie, come di consueto, il Filming Italy Sardegna Festival. Ezra arriva da noi, scortato dalla direttrice del festival Tiziana Rocca, dopo aver tenuto una masterclass. Ha i capelli raccolti e un fazzoletto al collo come Bob Dylan. Ha messo le sue cose in una borsa con inserti di pelliccia che subito gli invidiamo. Sorride, e dietro quel sorriso vediamo il Flash dei film di supereroi dell’universo DC e il Credence della saga di Animali Fantastici. Proprio da questa creatura nata dalla fantasia di J.K. Rowling comincia la bella chiacchierata con l’attore, al quale chiediamo se, al contrario di Credence, abbia avuto dalla vita "il permesso" per esprimersi per ciò che è e se la recitazione lo abbia aiutato in questo senso: "Abbiamo la tendenza a glorificare l’arte, e a malincuore ho imparato che non è né uno strumento di guarigione né una via verso l’autoconsapevolezza" - risponde. "Dobbiamo trovare dentro di noi le risposte e le risorse, perché nessuna forma artistica, nessun rapporto interpersonale e nessuna carriera ci permetteranno di capire chi siamo veramente. Cercare la propria realizzazione personale o il proprio valore percorrendo una di queste strade non può che allontanarci ancora di più da noi stessi. Io ho cercato delle risposte nell’arte, ho cercato una maniera per esprimermi e di essere amato in modi che non avevo sperimentato abbastanza quando ero ragazzo, e così ho combinato un casino. Credo che, in quanto esseri umani, abbiamo il dovere di trovare la maniera giusta per esprimerci, per volerci bene e per accogliere l’amore che proviamo per noi stessi. Mi concentro proprio su questo nel mio percorso di guarigione. Per me l’arte è bellissima, emozionante e appassionante, ma quando inconsciamente le affidiamo il compito di fare qualcosa che dovremmo fare noi, corriamo il rischio di perderci per strada".
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Per Ezra Miller non c’è rinascita senza caduta e senza ferire da guarire, anche se le ferite esistono già quando veniamo al mondo: "Le ferite e la vulnerabilità fanno parte della nostra stessa natura, sono cose innate. Credo che il dolore, la sofferenza e le difficoltà non vengano risparmiate a nessun essere umano. Dal momento in cui nasciamo, la vita è un trauma. Avete mai visto un bambino nascere? È una cosa estrema, quindi le ferite fanno già parte di noi quando ci affacciamo alla vita".
Qualcuno scriveva: "Un giorno tutto questo dolore ti sarà utile”. Nel caso di Ezra Miller le cose sono andate proprio così: "Il periodo più oscuro della mia vita è stato per certi versi anche il più bello, perché riuscivo a “vedere” gli altri. Quando attraversiamo grandi sofferenze e riusciamo a sopravvivere, e nel mio caso non era affatto scontato, sviluppiamo la capacità di vedere le altre persone che soffrono e di aiutarle".
Ezra Miller crede nella libera espressione dell’artista e dell’individuo. Purtroppo questo anelito a svincolarsi da costrizioni e cliché ha cozzato contro le regole spietate dell’industria cinematografica hollywoodiana: "Ho attraversato un periodo terribile. Ho commesso una lunga serie di errori imperdonabili, cose davvero orribili, e a volte mi sono dimostrato totalmente incapace di conciliare questi due elementi, vale a dire la libertà di espressione e l’appartenenza all’industria dello spettacolo. Onestamente non so se ci riuscirò, anche se ce la sto mettendo tutta, dal momento che il mio amore per la recitazione e l’arte in generale è fortissimo. Ma sento che così non vado da nessuna parte e sto cercando di fare i conti con questa presa di coscienza. Il problema è che ci sono tantissime cose che non mi piacciono dell’industria cinematografica. Mi guardo intorno e vedo ben poca dignità, integrità a grazia, ed è una cosa che mi provoca un forte conflitto interiore, e questo conflitto mi ha allontanato moltissimo da e stesso, portandomi in luoghi oscuri e lontanissimi dalla mia idea di dignità, integrità e grazia. Non so assolutamente come risolverlo, ma sto cercando una via, sono qui, sono tornato, anche se una parte di me vuole restare ben nascosta. Sto tentando di concentrarmi sulla mia guarigione".
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La rentrée ufficiale di Ezra Miller è avvenuta al Festival di Cannes 2025, dove l’attore ha fatto il red carpet del nuovo film di Lynne Ramsay (Die My Love), che nel 2011 lo ha diretto in …E ora parliamo di Kevin: "Sono andato a Cannes per sostenere una delle mie più care amiche, Lynne Ramsay, che reputo una delle più brave registe al mondo. Sto lavorando nuovamente con lei. La prima cosa che farò sarà probabilmente un film che stiamo scrivendo insieme. Ultimamente ho scritto tantissimo, perché si può scrivere in solitudine, e la solitudine è una cosa che ho cercato molto. Sono andato a Cannes perché me lo ha chiesto Lynne, e se c’è una cosa in cui ancora credo è la devozione verso gli amici e in generale le persone a cui vogliamo bene. Non avevo tutta questa voglia di andare a Cannes: è stato difficile, soprattutto se ti sei allontanato dal mondo per tre anni. Non è esattamente la rentrée ideale, con tutti quei fotografi e tutta quella gente a caccia di celebrità, ma l’ho fatto per Lynne. Farei qualsiasi cosa per Lynne".
L’ultima domanda alla quale risponde Ezra Miller riguarda il suo metodo di recitazione. Ovviamente, anche nel cercare di spiegare il suo modo di accostarsi a una storia inventata da atri, l’icona queer che si definisce non binario si conferma autenticamente anticonformista: “Se dovessi descrivere il mio metodo direi: ‘qualunque cosa purché sia giusta’. Va bene il metodo di Lee Strasberg, va bene quello di Stella Adler e così via, a condizione che mi porti ad accordarmi al ritmo di un personaggio. Tutti questi insegnamenti possono essere veramente d’aiuto, ma alla fine credo che il mio metodo sia un anti-metodo. Quando ero un bambino che sognava di recitare, ho letto tantissimi libri, perché in questo senso sono un nerd, un freak. Conosco ogni singolo metodo ma nessuno mi appartiene, anche perché non ho frequentato accademie. Di solito do grande importanza al corpo, torno sempre al corpo. Recitare per me è come una danza. È un esperimento a cui sto ancora lavorando".
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