venerdì 31 ottobre 2025

Il Sentiero Azzurro: al cinema il film "delirio post-tropicale" di Gabriel Mascaro

Anziani che vengono portati via in gabbia, lumache dalla bava psichedelica, missionarie digitali in battello, pesci combattenti e le splendide foreste e i fiumi dell’Amazzonia: c'è tutto questo dentro Il sentiero azzurro, il film diretto dal regista e sceneggiatore brasiliano Gabriel Mascaro che ha vinto l'Orso d’Argento - Gran Premio della Giuria e il Premio della Giuria Ecumenica alla Berlinale del 2025, è stato successivamente invitato in oltre 40 festival di tutto il mondo, e debutta nei cinema italiani dal 30 ottobre grazie a Officine UBU.
Tutto questo e ancora di più, visto che Il sentiero azzurro racconta la storia di una donna che rifiuta di arrendersi al destino che le viene imposto e che decide di fuggire per intraprendere un viaggio in solitaria e potere realizzare il sogno di una vita (che poi è quello di volare, in senso fisico, ma anche metaforico)
Il sentiero azzurro è un film sul diritto di sognare, con una protagonista anziana che decide di non accettare il destino che qualcun altro le ha tracciato. Volevo fare un film che fosse un'ode alla libertà, che ci ricordasse che non è mai troppo tardi per trovare un nuovo significato alla vita”, ha detto Gabriel Mascaro.
Il sentiero azzurro è "un film politico e spiazzante, immerso in una visione lisergica dove il colore si fa materia e l’erranza della protagonista è gesto estremo di ribellione e di autodeterminazione", secondo i critici che lo hanno insignito dell'etichetta di Film della Critica del Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani - SNCCI.
È un film distopico, una personalissima, comica e psichedelica odissea all’inseguimento di un sogno, e quindi della vita, aggiungeremmo qui. Un film che rifiuta la banalità e si ostina a inseguire la magia, sulla falsariga di quanto fatto storicamente dalla letteratura sudamericana, e che ci mette pochissimo - questione di minuti - a far capire come Mascaro sia uno che ha delle cose da dire e che non le dice solo a parole, ma anche con le immagini che mette sullo schermo.

La protagonista si chiama Tereza, ha 77 anni, ed è interpretata da una bravissima Denise Weinberg, attrice brasiliana di lungo corso, che qui offre una performance misurata, intensa ed empatica, senza cercare la commiserazione dello spettatore, ma muovendosi con fierezza e lucidità tra rabbia repressa, desiderio sopito e volontà di riappropriarsi della propria libertà. Perché Tereza ha vissuto e lavorato tutta la vita in un’azienda che lavora carne di alligatore in una piccola città industriale del Brasile, un Brasile in cui le autorità hanno deciso che a una certa età tutti gli anziani debbano lasciare la loro casa e i loro cari (che spesso non li vogliono, e che il governo vuole concentrati su questioni economicamente più produttive) per essere spediti come polli in quella che viene chiamata una “colonia residenziale per anziani”, dove vivranno fino alla morte: un modo apparente per “onorarli”, ma che nasconde l’intento di escluderli e isolarli dalla società. È da questo - che chiaramente sta a simboleggiare una tendenza reale a considerare l’invecchiamento come un peso sociale, e politiche che marginalizzano chi non è più “produttivo” - che Tereza fugge, trasformandosi da tranquilla signora attempata in fuggiasca disposta a tutto per inseguire il desiderio di una vita, incontrando avventure e personaggi (tra cui quello di Rodrigo Santoro, un marinaio affranto di nome Cadu, personaggio
misterioso ma profondamente umano, che introdurrà Tereza ai poteri magici della leggendaria lumaca dalla bava azzurra) che cambieranno il suo futuro.

Il sentiero azzurro: trailer e poster del film


Dopo il celebrato Neon Bull Mascaro, - artista visuale, oltre che regista: e si vede, eccome - ha rifiutato per questo suo film le coordinate e le traiettorie del racconto tradizionale dell’età anziana, tutta malinconia, ricordi e rimpianto del passato, per fare di Tereza una protagonista attiva della sua vita, piena di energia vitale e desiderio di vivere. Il regista ha dichiarato che il film "permette a una persona di 77 anni di raggiungere finalmente la maggiore età", significando che la maturità personale non è solo prerogativa dei giovani, ma può essere raggiunta anche in età avanzata. E, nel farlo, ha cercato di sfumare i confini tra reale e fantastico, tra distopia e fiaba, dando vita a quello che lui stesso ha felicemente definito “un delirio post-tropicale”.
Tanto nel racconto quanto nelle immagini, Il sentiero azzurro è un film che va alla costante ricerca dell’incanto, della seduzione stupefacente, della meraviglia e della bellezza di quanto è stato davanti all’obiettivo della macchina da presa e che viene a noi presentato sullo schermo: che si tratti di foreste, anse tortuose, baracche e barconi, pesci e caimani, corpi giovani e anziani, camionette della polizia comico-distopiche e occhi e corpi pieni di fatica e di speranza. La foresta amazzonica e il paesaggio fluviale diventano così co-protagonisti della narrazione, spesso carichi di valore simbolico: evocano un senso di libertà e infinitezza, a differenza dei luoghi claustrofobici e asettici che hanno circondato Tereza fino a quel momento.
Il risultato è quello di un film che mescola critica sociale e ironia e che è di una vitalità gioiosa, morbida e trascinante, da godere con i sensi, prima ancora che con la ragione, che conferma la straordinaria vitalità del cinema brasiliano contemporaneo dopo i successi di film come Io sono ancora qui di Walter Salles e L’agente segreto di Kleber Mendonca Filho.



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