martedì 26 agosto 2025

Woody Allen: "Potrei girare in Russia per dire quanto si sta bene a Mosca", scatta la polemica, il regista risponde

Chi l'avrebbe mai detto dieci anni fa che Woody Allen avrebbe fatto rima con "polemica", ma ci troviamo ancora a discutere della percezione pubblica del quasi novantenne (a dicembre) attore, scrittore e regista. Questa volta però non si parla degli strascichi del #metoo, bensì di una questione politica che potrebbe alienargli anche gli ultimi sostenitori in patria. Ci si augurava che Allen avrebbe declinato l'invito a intervenire da remoto alla Settimana Internazionale del cinema di Mosca, ma il regista è comparso volentieri e si è lasciato andare a parole giudicate da molti sin troppo elogiative, non ultimo il ministero degli esteri ucraino. Leggi anche Sean Penn su Woody Allen: "Lavorerei ancora con lui, è innocente fino a prova contraria"

Woody Allen si difende dopo le sue uscite pro-Russia: "Putin sbaglia, ma stroncare la conversazione artistica non aiuta"

Proprio nei giorni in cui s'infiamma la questione Israele-Gaza a Venezia, c'è un altro caso in cui arte e politica si scontrano, e non potrebbe essere altrimenti, dato che fanno entrambi naturalmente parte della vita della maggior parte di noi. Woody Allen, da tempo ostracizzato professionalmente dagli Stati Uniti in seguito all'onda lunga del #metoo, ha accettato di partecipare da remoto alla Settimana Internazionale del Cinema di Mosca: per un conoscitore della letteratura russa come lui, che peraltro l'ha affettuosamente presa in giro in Amore e guerra cinquant'anni fa, per poi rileggerla nel drammatico Settembre (1987, sua versione dello "Zio Vanja" di Čechov), era naturale accettare. Ovviamente la situazione internazionale rende assai meno scontato un passo del genere: ci si interroga spesso sulla distinzione tra "russofobia" e contestazione politica.
Allen non si è posto il problema, anzi. Ha prima detto al regista Fedor Bondarchuk lì presente di aver visto per intero le otto ore del Guerra e Pace di suo padre Serghei Bondarchuk (Oscar per il miglior film straniero nel 1969). Ha poi ricordato con affetto i suoi soggiorni a Mosca e San Pietroburgo, in particolare quelli dopo la caduta dell'URSS ("prima l'esperienza non era molto piacevole"). È andato oltre, dichiarando che, se un produttore russo gli offrisse un progetto, potrebbe realizzare un film sulla piacevole atmosfera che aveva respirato in quelle città. Il Ministero degli Esteri ucraino si è sentito in dovere sui social di stigmatizzare questa partecipazione:

La partecipazione di Woody Allen alla Settimana Internazionale del Cinema di Mosca è una disgrazia e un insulto al sacrificio di attori, attrici e cineasti ucraini che sono stati uccisi o feriti dai criminali di guerra russi nella perdurante guerra contro l'Ucraina. Prendendo parte a un festival che raccoglie le voci di sostegno a Putin, Allen sceglie di ignorare le atrocità che la Russia commette in Ucraina ogni giorno ormai da undici anni. La cultura non dovrebbe essere mai usata per ripulire i crimini o come propaganda. Condanniamo fermamente la decisione di Woody Allen di benedire l'insanguinato festival di Mosca col suo discorso.

Allen non si è scomposto e ha affidato la sua controrisposta al Guardian: "Quando si parla del conflitto in Ucraina, credo fermamente che Vladimir Putin abbia del tutto torto. La guerra che ha causato è spaventosa. Ma qualsiasi cosa i politici possano aver fatto, non sento che stroncare le conversazioni artistiche sia una buona maniera di aiutare la causa."



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