sabato 26 luglio 2025

Fabio Massimo Capogrosso: da Marco Bellocchio a Primavera, la storia di un compositore che nel cinema ha trovato la libertà

La prima volta che, nel 2019, siamo approdati sull'Isola di San Pietro per seguire Creuza de Mà - Musica per Cinema, ci siamo immediatamente resi conto che il Festival organizzato da Gianfranco Cabiddu era diverso da tutti gli altri, perché si arrivava con un articolo da scrivere o un progetto da sottoporre all'attenzione di un pubblico di studenti, giornalisti o compositori e si ripartiva con nuove idee da sviluppare, promesse di future collaborazioni, istanze di cambiamento e un forte senso di appartenenza a una comunità artistica aperta e in continuo divenire.

Seduti ai tavolini dello storico bar accanto al Teatro Cavallera, abbiamo chiacchierato con Pivio della colonna sonora del primo Diabolik, mentre nel giardino dell'Hotel Hieracon abbiamo parlato con Pasquale Catalano delle musiche de Le conseguenze dell'amore e di Mine Vaganti. Sulla terrazza dell'Hotel Riviera, invece, Giuseppe Tornatore ci ha raccontato di Ennio e Mauro Pagani della PFM e di De Andrè, e se lo scorso anno Max Viale dei Gatto Ciliegia contro il grande freddo ci ha trasportato nel mondo di Susanna Nicchiarelli, in questa edizione di Creuza de Mà abbiamo avuto il piacere e il privilegio di conversare con Fabio Massimo Capogrosso, autore delle musiche de Il Vangelo Secondo Maria di Paolo Zucca, che quest'anno fa parte della programmazione del Festival. È da un po’ di tempo che seguiamo con interesse il lavoro di autore di colonne sonore di Capogrosso, che è cominciato con Esterno Notte di Marco Bellocchio.

Primo compositore in residenza della storia della Filarmonica Toscanini per la stagione 2019/2020, Fabio Massimo Capogrosso ha vinto premi e partecipato a importanti festival musicali, ed è sua la colonna sonora del primo film del regista di opere liriche Damiano Michieletto, che ha voluto raccontare la vita di Antonio Vivaldi in Primavera, affidando il ruolo del protagonista a Michele Riondino. La nostra intervista a Fabio è partita proprio da questo titolo in concorso al Festival di Toronto, più precisamente dal suo amore per il Prete Rosso: "Vivaldi mi appassiona in modo particolare, così come Stravinskij, o forse sarebbe più giusto dire che tutto quello che va da Monteverdi alla musica contemporanea è per me un punto di riferimento. Vivaldi è un autore che ho amato moltissimo fin da bambino. Ricordo le prime raccolte di CD che davano in regalo con Il Corriere della sera: c'era un disco che ascoltavo in continuazione e credo di averlo consumato. Poi, studiando, ho imparato ad apprezzare la genialità di Vivaldi, che è stato un grande innovatore e sperimentatore. Ha rivoluzionato anche la tecnica violinistica, e se pensiamo che Bach ha trascritto praticamente tutta l'opera di Vivaldi, riusciamo a farci un'idea della grandezza di questo musicista. Il mio lavoro per questo film è stato impegnativo, perché in Primavera c'è anche la musica di Vivaldi. D'accordo con il regista, ho cercato di comporre una musica che esprimesse i pensieri dei vari personaggi, e comunque l'uso di certe articolazioni, di determinati mordenti, di colpi d'arco tipici del barocco sono presenti anche nella colonna sonora originale, che però ha sonorità elettroniche".

Con Damiano Michieletto avete lavorato sulla sceneggiatura?

Sì. Abbiamo lavorato inizialmente sulla sceneggiatura e poi sui primi premontati, proprio come piace a me. Non amo lavorare su film già pronti. Mi appassiona scrivere sulla sceneggiatura perché mi rendo conto che, non essendo il mio lavoro vincolato alle immagini, il livello musicale è più alto. Abbiamo lavorato anche con un grande montatore, che è Walter Fasano. Walter ha una sensibilità musicale incredibile. Sia lui che Damiano mi hanno lasciato assolutamente libero di esprimermi. Lo stesso Damiano mi ha detto: "Fabio, non guardare il girato, scrivi". Sono contentissimo dell'opportunità che mi hanno dato di lavorare con dei musicisti importanti. Tra l'altro abbiamo avuto la fortuna di registrare nel teatro La Fenice con l'orchestra e il coro de La Fenice, diretti da un grande direttore a cui sono molto legato, e cioè Carlo Boccadoro. Ci sono delle parti di violino solo eseguite da David Romano, che è il primo violino del Sestetto Stradivari dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia.

Passiamo al tuo debutto nel cinema. Componendo le musiche di Esterno Notte, ti sei subito lanciato in un'impresa tutt'altro che semplice…

Se penso che il mio esordio cinematografico è stato per un film di Marco Bellocchio, mi commuovo ancora. Anche in quel caso sono stato lasciato molto libero di esprimermi. Ho letto la sceneggiatura, ho cominciato a scrivere le prime cose. Tutti i temi che ho buttato giù leggendo il copione sono poi rimasti nel film, inoltre ho avuto la fortuna di lavorare con una montatrice che è un genio: Francesca Calvelli. Marco e Francesca per me sono un po’ come dei genitori, anche perché mi hanno dato la possibilità di scoprire il cinema. In ogni modo a me piace lasciare libero il montatore, non sono un compositore che dice: "Questa musica parte dal minuto 1 e arriva al minuto 20". Lavorare su Esterno notte è stato incredibilmente stimolante, e credo non sia un caso il fatto che io abbia cominciato il mio lavoro di compositore di colonne sonore proprio con Marco, perché quasi tutta la mia produzione di "musica assoluta" - come la chiamava Morricone - è ispirata al mondo del sogno, e nel cinema di Marco Bellocchio c'è una forte componente onirica.

Quindi cosa ha significato per te l'incontro con Bellocchio?

L'incontro con Marco mi ha veramente cambiato l'esistenza e anche il modo di pensare alla musica. Per me Marco è un dono che la vita mi ha fatto. Poter lavorare e soprattutto iniziare con lui e con Francesca, che sono veramente una squadra, è forse la cosa più bella che mi sia capitata da un punto di vista professionale. Paradossalmente ho trovato nel cinema più libertà espressiva che non nella musica da concerto, perché il cinema può essere anche irrazionale. Invece, quando scrivi una partitura, cerchi sempre di avere un controllo totale dal punto di vista formale ed estetico. Ho trovato bellissimo anche il lavoro che ho fatto con Gianluca Jodice per Le Déluge - Gli ultimi giorni di Maria Antonietta. Gianluca mi ha spinto a usare l'elettronica. Inizialmente non volevo, poi abbiamo discusso: "Ah, tu non hai il coraggio!" - mi ha detto. Così ho accettato la sfida e lo ringrazio tantissimo, perché adesso è come se il mio cervello avesse scoperto altri milioni di possibilità sonore. Il cinema mi dà insomma l'opportunità di mettermi sempre alla prova.

È vero che hai composto musiche prendendo spunto dai quadri di Salvador Dalì? A guidarti era l'istinto?

A me piace trasporre in musica le sensazioni che provo quando guardo un quadro o leggo un romanzo: è una cosa che mi viene molto naturale e che in un certo senso mi lega anche all'idea del cinema, perché è come lavorare su una sceneggiatura o su delle immagini in movimento. Credo che l'istinto sia la cosa più importante, come anche l'ispirazione. Uno può stare mesi a guardare un pentagramma bianco senza scrivere una nota, oppure può comporre un'intera colonna sonora in 3 ore, come è successo a me per il film di Damiano Michieletto. Scrivere un pezzo complesso, ad esempio per orchestra, ha certamente qualcosa di irrazionale, però poi serve la tecnica. Bisogna conoscere l'orchestra e la forma musicale, ma sono cose che per fortuna un musicista ha interiorizzato. L'altro giorno guardavo un'intervista a Ennio Morricone, che sento sempre di più come una guida. Diceva: "Bisogna allontanare il mestiere e avere la tecnica per poter realizzare le proprie idee", perché puoi essere il compositore più ispirato del mondo, ma se non sai come funziona l'orchestra, è difficile comporre qualcosa. Ci sono degli equilibri, un meccanismo molto complesso di dinamiche, di tessiture, poi chiaramente, studiando e documentandosi ognuno costruisce il proprio colore orchestrale. Io giro con un pentagramma, più spesso mi metto al pianoforte, come faceva il buon vecchio Stravinskij.

Quando hai capito che volevi fare il musicista?

A 9 anni ho iniziato a manifestare il desiderio di suonare il pianoforte, a 13 ho cominciato a rendermi conto che volevo fare solo questo. Poi c'è stato un momento importate a ridosso del mio diploma di pianoforte. Mancavano due anni e già studiavo composizione, e un giorno ho detto: "Mollo lo studio del pianoforte perché voglio fare il compositore, questa sarà la mia vita", quindi ho fatto delle scelte molto complicate ed è stato un periodo molto difficile perché in Italia fare il compositore non è assolutamente facile. È stata dura, però sentivo che non dovevo mollare.

La tua famiglia ti ha sostenuto nel tuo percorso?

I miei genitori mi hanno sempre assecondato, anche perché hanno visto dei risultati. Hanno fatto dei grandi sacrifici per me. C'è stato un episodio molto importante. A un certo punto mi sono trovato ad avere poco lavoro, perché è complicato andare avanti solo con le commissioni di musica contemporanea, e un giorno ho ricevuto una chiamata da una scuola media per delle supplenze di musica. Erano due mesi: ho fatto i primi 2 giorni e poi ho realizzato che, se stavo lì 6 ore la mattina, non avrei avuto la testa per scrivere musica, e quindi il terzo giorno ho chiamato e ho detto: "Scusate, non vengo più", e quindi ho preferito affrontare altri anni complicati piuttosto che accontentarmi di qualcosa che non mi apparteneva. Ho sempre avuto la convinzione che la mia vita fosse la musica. Non posso immaginarmi senza la musica.

Che musica ascolti?

Pink Floyd, Led Zeppelin, Beatles, Rolling Stones, anche il reggae. Quello che invece odio, sia nella musica pop che in certo cinema, è la musica concepita solo per scopi commerciali. C'è una frase di Confucio che mi è rimasta impressa: "Volete sapere se un popolo ha buoni costumi? Ascoltate la sua musica". Se tu la rapporti ai giorni nostri, la dice lunga su quello che stiamo vivendo, perché la musica è, e lo dicevano anche i greci, qualcosa che permea lo spirito. Mi accorgo che adesso ci sono una violenza e una pochezza imbarazzante di pensiero musicale e di testi che mi preoccupano e mi spaventano. Speriamo bene…



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