Da vent'anni pupillo dei grandi festival internazionali, François Ozon è un regista molto prolifico (forse anche troppo, come dimostra la sua discontinuità) e comunque sempre attento a rinnovarsi nei generi e nello stile.
In Tout s'est bien passé, che vuol dire "è andato tutto bene" - che lo porta in Concorso a Cannes per la terza volta, e per la quarta lo fa figurare nella selezione ufficiale - è il film nel quale il francese affronta uno dei grandi temi etici del nostro tempo: l'eutanasia.
La storia è realmente accaduta: Sophie Marceau - splendida 54enne - interpreta il ruolo di Emmanuèle Bernheim, autrice del libro da cui il film è stato tratto nonché sceneggiatrice di alcuni dei primi film dello stesso Ozon.
E la storia la vede dover gestire con la sorella la volontà di suo padre (André Dussollier, che recita sempre con la faccia deformata dalla paresi) di andare volontariamente incontro alla morte dopo essere stato colpito da un ictus.
La vicinanza di Ozon alla protagonista e alla sua vicenda (Bernheim è stata anche la moglie di Serge Toubiana, notissimo critico francese) portava con sé il rischio di sbandate emotive, ma il francese si muove lungo le quasi due ore del film con un controllo narrativo quasi ossessivo nel percorrere quella linea sottile che divide l'eccessiva distanza dal turbinìo delle passioni. Il tono non è mai melodrammatico, e spesso anzi arriva la commedia volontaria o involontaria della vita ad alleggerire molte situazioni, nella precisa volontà di mostrare come si possa decidere di morire con serenità e convinzione.
Ma in tutto il suo indugiare nelle dinamiche familiari, nella placida tessitura pubblica dei rapporti di due figlie con un padre, e tra di loro, e con altri membri più o meno graditi della famiglia (come un amante del padre, senza apostrofo), Tout s'est bien passé - che pure commette l'errore fatale di concedersi un paio di flashback del rapporto tra Emmanuèle e suo padre, e quindi rappresentando l'irrappresentabile, ovvero la Marceau della stessa età che aveva nel Tempo delle mele interpretata da un'altra attrice - è chiaramente un film che parla di chi rimane, più di chi invece decide di andarsene.
Un film sulle ricadute emotive e progressivamente anche legali su coloro che supportano e assistono chi decide di affrontare l'eutanasia, e su una zona grigia legislativa che Ozon sembra implicitamente caldeggiare venga chiarita nella direzione dei diritti.
Peccato che nella sua ansia di equilibrio, e di neutralità, Ozon qui sembri incapace di suscitare vere emozioni, se non passioni: nemmeno dal punto di vista intellettuale, civile o politico. E Tout s'est bien passé procede con composta dignità e si spegne in maniera un po' impersonale, asettica, solitaria, come la morte in Svizzera di quel suo stanco protagonista.
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