giovedì 16 gennaio 2020

Dracula (Miniserie) - Teste di Serie

«Il sangue é vite!»
(conte Dracula)

UN VAMPIRO ALLA BERLINA

Che il principe delle tenebre fosse uno dei personaggi mostruosi più amati al cinema, soprattutto da sceneggiatori e registi che, nel corso degli anni, hanno riesumato la creatura creata dal genio di Bram Stoker, riproponendola in diverse forme narrative, non c'erano dubbi.

Anche Mark Gatiss e Steven Moffatt, menti creative dietro il fenomeno Sherlock, hanno rimesso mano al famigerato conte della Transilvania, cucendogli addosso il fascino dell'attore danese Claes Bang e spingendolo verso un nuovo viaggio alla conquista del mondo, destinazione Inghilterra.

La miniserie ideata da Gatiss e Moffat e distribuita in Italia da Netflix, si compone di tre episodi dalla durata anche considerevole di un'ora e trenta minuti l'uno, confezionati in modo tale da seguire tre diversi indirizzi narrativi: se il primo episodio affonda gli sporgenti canini in una trama prettamente orrorifica, sia nel racconto alla scoperta del male da parte dell'eroico avvocato Jonathan Harker (John Heffernan), sia nella sfida/scontro delle suore del convento, guidate da sorella Agatha Van Helsing (una fascinosa e travolgente Dolly Wells), il secondo capitolo del racconto sfocia in un'ambientazione marinaresca votata al giallo di chiara matrice christieana, giocando al gatto e al topo con lo svelamento della detection, dal momento che lo spettatore è sì consapevole dei veritieri ruoli impersonati dai personaggi, ma cade allo stesso modo affascinato da una messa in scena degli eventi impreziosita dall'intreccio dei diversi punti di vista narrativi – quello del conte stesso e quello dei passeggeri della nave, mentre quello dello spettatore si trova perfettamente a metà strada tra i due; infine, il terzo episodio, il più urbano tra i tre, che catapulta il conte in una realtà moderna e soggiogata dal perfido potere dei social media, porta alla luce la verità sul conto del conte e finalizza i legami tra il perfido e ormai confuso e sbiadito Dracula e una nuova, giovane e malata discendente dei Van Helsing, prolungando e portando a compimento la questione sull'eredità e l'ereditarietà generazionale più volte declamata nel corso dello show.

Il gran punto di forza della miniserie di Gatiss e Moffatt sta tutto in una messa in scena solida ed espressiva, che riformula con macabro successo tutti i cliché ambientali e comportamentali di un'icona della letteratura e cinematografia horror che si conosce, ormai, a menadito. Dalla labirintica discesa verso gli inferi di Harker, alle conturbanti avances del conte Dracula, passando per la mattanza delle suore nel convento, in cui gli showrunner raggiungono l'apice narrativo della miniserie, dando forma a uno scontro carnale e ideologico tra il bene e il male puro, fino alla lunga traversata in mare immersa nel mistero, più che nella tenebra, Dracula sfoggia un eccellente comparto visivo, costellato da esterni opprimenti e magniloquenti e interni soffocanti, freddi e corrotti dalla cinismo e dalla perdizione.

Ma, al di là di una regia che si lascia incantare da almeno un paio di pregevoli scene dall'eco onirica – su tutte quella in cui viene “rivelata” la malattia, di conseguenza la velenosità del sangue dell'agente Van Helsing -, la serie si prende il rischio di trattare il personaggio iconico del conte vampiro destrutturandolo attraverso continui processi di analisi e psicanalisi, arma utilizzata dalle stoiche Van Helsing per carpire i segreti di una creatura che spesso è stata relegata a semplicistica e mostruosa evoluzione del riduttivo concetto di non-morto. Purtroppo, la vicenda si esaurisce in una soluzione che annega nel romance smielato, vanificando sia i numerosi sforzi della/e protagonista/e di addivenire all'annientamento del principe delle tenebre attraverso la lucida comprensione delle meccaniche della sua natura malvagia, sia sminuendo la voracità e la fame d'egemonia di Dracula, che sceglie di abbandonarsi a un amore forse sopito da decenni, ma comunque insensato se messo a confronto con il rapporto di conflittualità che lo lega alle guerriere Van Helsing.
Più nello specifico, la malattia mortale che divora l'agente Van Helsing non è una “conquista” a seguito di lunghi scontri contro il male, ma semplicemente una casualità che non deve essere fondamentale per la compiutezza di una serie di cause ed effetti utili alla costruzione di un finale articolato e teorico come i precedenti due episodi avevano lasciato presagire.

Insomma, per quale motivo il perfido e megalomane conte Dracula dovrebbe suicidarsi, bevendo il sangue malato della sua più acerrima rivale? Non per una questione umorale, né tantomento per orgoglio; Gatiss e Moffatt mettono il vampiro di fronte al simbolo che più teme, ovvero il crocifisso, svelando la paura del conte di fronte al coraggio di scegliere, finalmente, la morte, ma tale scelta e relativa conseguenza di unirsi anche carnalmente alla morente Van Helsing non ha praticamente alcun senso.

Ecco come la miniserie sul conte vampiro si esaurisce in un nulla di fatto, vanificando gli sforzi di una regia matura e una messa in scena macabramente evocativa. Tutto fumo negli occhi, per una malìa non riuscita.

(Dracula); genere: horror; showrunner: Mark Gatiss, Steven Moffatt; stagioni: 1 (miniserie); episodi miniserie: 3; interpreti: Claes Bang, Dolly Wells, John Heffernan; produzione: Universal Cable Productions, Anonymous Content; network: BBC One (Regno Unito, 1-3 gennaio 2020), Netflix (Italia, 4 gennaio 2020); origine: Regno Unito, 2020; durata: 90' per episodio; episodio cult miniserie: episodio 1 - The rules of the beast (epsiodio 1 - Le regole della bestia)



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