venerdì 6 dicembre 2019

The man in the high castle (Stagione 4) - Teste di Serie

«Questi due imperi per i quali combattiamo sono solo due castelli di sabbia. Solo le maree durano per sempre».
(Ispettore Kido)

GLI IMPERI E I SUOI FIGLI

In un mondo opprimente, in cui la storia ha preso una piega che annega negli abissi più reconditi dell'umanità; in una società divorata all'interno dalle angherie di regimi fascisti e terrificanti, cosa può salvare l'uomo dalla dannazione eterna? Quale la stella polare da ricercare e, alla fine, seguire per raggiungere la salvezza e, con sé, la redenzione di un uomo quale coltivatore di sentimenti? Come salvare quella stessa storia?

Arrivato al termine della corsa, lo showrunner Frank Spotnitz chiude il cerchio dannato della serie tratta dal celebre romanzo ucronico di Philip K. Dick, La svastica sul sole, e ci racconta gli ultimi atti delle vite turbolente e minacciate dei suoi protagonisti, dal più cattivo – o presunto tale -, al più generoso – o presunto tale: mentre Juliana (Alexa Davalos) è impegnata in prima fila con la resistenza guidata da Wyatt Price (Jason O'Mara) a trovare un modo per colpire il Reich americano e debellare definitivamente la minaccia nazista, nel cuore dell'America si costituisce un altro fronte battagliero, la resistenza dei comunisti neri, composta da afroamericani in cerca di libertà e riscatto, contro l'oppressore tedesco e giapponese; nel frattempo, il reichsmarschall John Smith (il sempre ruvido Rufus Sewell) entra in contatto con una realtà alternativa del proprio mondo, riabbracciando il defunto figlio Thomas, preparando un vero e proprio colpo di stato per completare la sua ascesa al potere, ai danni del fuhrer Himmler, così come l'ispettore capo Kido (un Joel De La Fuente dallo sguardo spietato), impegnato nell'indagine alla ricerca dell'assassino del ministro del commercio Tagomi e, allo stesso tempo, impelagato in serrati giochi politici.

La quarta e ultima stagione di The man in the high castle procede a ritmi serrati verso una conclusione dall'ampio respiro ottimista, risolvendo senza fretta le varie sottotrame legate al filone principale che vede protagonista la coraggiosa Juliana, ormai perfettamente calatasi nella parte della stoica rivoluzionaria. Ma ciò che cattura con piacere l'attenzione dello spettatore è il decentramento narrativo che Spotnitz compie in favore dei protagonisti dell'intera vicenda: sono Smith e Kido i due poli attorno ai quali ruotano i serrati eventi mostrati in questa stagione, con l'obbiettivo esplicitamente messo in chiaro nel corso degli episodi di mettere le due autoritarie figure di potere a confronto non tanto con la realtà in cui cercano di sopravvivere – anch'essa, del resto, ben strutturata in un costante accumulo di tensione drammatica -, ma con i loro stessi sentimenti di genitori, che ne riesumano l'umanità e stridono con i ruoli sociali che i due sono, alla fine, costretti a ricoprire.

Se Kido finisce col comprendere la nebulosità del potere nelle più alte sfere del comando, quasi immolando se stesso in un pentimento più morale che fisico – la sottomissione alla yakuza -, pur di salvare la vita al figlio traumatizzato dalle mostruosità della guerra, svestendosi della durezza espressiva e sentimentale che lo aveva fin qui contraddistinto – discorso analogo in riferimento al commiato con i suoi sottoposti -, e, quindi, permettendo allo spettatore di apprezzarne il mutamento emotivo e accompagnarlo verso la fine, immalinconito e romantico come mai lo si era potuto ammirare, discorso simile va affrontato con il reichsmarschall John Smith; egli resta intrappolato nelle idiosincrasie che il proprio ruolo di ufficiale di alto rango lo costringono ad assimilare, tramutandolo in un mostro “involontario” per sua stessa ammissione – «Non so come fermarmi», dirà alla moglie Helen (Chelah Hordal) proprio al culmine del climax finale -, ma comunque colpevole di aver piegato la testa e il proprio volere al potere nazista, rinunciando a ogni scampolo della propria umanità.

Due modi di intendere e di riflettere sugli effetti corrosivi dell'autorità, in contrapposizione con la ribellione e la forza irrefrenabile del sentimentalismo umano: Kido diventa un ronin, nel suo rigore asservito, mentre a Smith tocca il ruolo di villan imperituro, sconfitto prima di tutto dalle proprie riprovevoli decisioni, finendo col togliersi la vita prima che ci riescano i membri della resistenza.

Parziale difetto dello show resta l'evoluzione narrativa e la relativa messa in scena dell'elemento fantascientifico: Spotnitz agisce eccessivamente per ellissi, finendo quasi col dare per scontato alcuni raccordi, incastrando gli elementi sci-fi in maniera scontata, come fossero già pretesi dalla storia stessa; in questa maniera, si ha come l'impressione che, durante la visione, ci sia sfuggito qualcosa, anche se in realtà non è così, venendo meno quel processo di assimilazione di elementi “sovrannaturali”, in un contesto storico sì ucronico, ma altrettanto verosimile e concreto.

Con un finale rigoglioso di speranza e ottimismo, si chiude una serie che è riuscita ad appassionare più per il coraggio e le sfaccettature emotive-comportamentali dei rispettivi personaggi in gioco, anziché per l'apporto di elementi misterici. Un prodotto di grande intrattenimento, elegante nei toni pastellati e accattivante nella sua evoluzione narrativa.

(The man in the high castle); genere: ucronia, guerra, drammatico; showrunner: Frank Spotnitz; stagioni: 4 (conclusa); episodi quarta stagione: 10; interpreti: Alexa Davalos, Joel de la Fuente, Rufus Sewell, Chelah Horsdal, Brennan Brown, Jason O'Mara, Stephen Root, Rick Worthy, Kenneth Tigar; produzione: Amazon Studios, Scott Free Productions, Electric Shepherd Productions, Headline Pictures, Picrow; network: Amazon Prime Video (U.S.A., 15 novembre 2019), Amazon Prime Video (Italia, 15 novembre 2019); origine: U.S.A., 2019; durata: 60' per episodio; episodio cult quarta stagione: 4x09 - For want of a nail (4x09 - Per un soffio)



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